“A mettere nei guai me è stata quella che chiamavo la Pesca delle Perle. Che poi voleva dire farmi una sega sott’acqua, seduto sul fondo della piscina dei miei. Dopo aver dato un bel respiro, scalciavo fino a toccare il fondo e mi levavo il costume da bagno. Me ne stavo seduto lì per due, tre, anche quattro minuti. A furia di seghe, peraltro, mi era venuta una capacità polmonare pazzesca. Se avessi avuto la casa a mia disposizione sarei andato avanti per tutto il pomeriggio. Quando poi avevo schizzato fuori la mia roba, lo sperma se ne restava lì, sospeso in grandi globuli grassocci e lattiginosi. Poi seguivano altre immersioni per acchiappare il tutto, raccoglierlo e spalmarlo ben bene in un asciugamano. Per questo si chiamava la Pesca delle Perle. Nonostante tutto quel cloro, a preoccuparmi era mia sorella. Oppure, Dio Onnipotente, mia mamma. La mia peggior paura al mondo era questa: la mia sorellina vergine adolescente che in un primo momento pensa di stare semplicemente ingrassando e poi dà alla luce un ritardato a due teste. E tutte e due le teste sono uguali identiche a me. Me, il padre. E lo zio. Alla fin fine, però, a metterti nei guai non sono mai le cose che ti preoccupano. La parte migliore della Pesca alle Perle era il foro d’aspirazione per il filtro della piscina e per la pompa della circolazione. Il massimo era starci seduti sopra nudi. Però, però. Un momento sei solo un ragazzino arrapato e l’istante dopo puoi dire addio alla tua carriera di avvocato. Un momento sono seduto sul fondo della piscina e il cielo sopra i due metri e mezzo d’acqua fluttua azzurro chiaro sulla mia testa. Il mondo è silenzioso, se si eccettua il battito cardiaco nelle mie orecchie. Per sicurezza, tengo annodato al collo il mio costumeda bagno a righe gialle, nel caso che sbuchi fuori un amico, un vicino, o chissà chi a chiedermi perchè ho saltato l’allenamento di football. Il risucchio costante del buco di aspirazione mi titilla e abbandono voluttuosamente il mio scarno, pallido culo a quella sensazione. Un momento ho abbastanza aria in corpo e l’uccello in mano. I miei sono al lavoro e mia sorella è a danza. A casa non dovrebbe esserci nessuno per ore. La mano mi porta al limite estremo, ma mi fermo. Riemergo per prendere un bel respiro. Mi tuffo e mi riaccomodo sul fondo. E poi ancora e ancora. Dev’essere per questo che alle ragazze piace quando ti si siedono in faccia. Il risucchio è come fare una cagata che non finisce mai. Con l’uccello bello duro e le chiappe risucchiate non ho bisogno d’aria. Col battito cardiaco che rimbomba nelle orecchie, me ne resto sotto fin quando tante stelline luccicanti non cominciano a insinuarmisi negli occhi. le gambe stese davanti a me, il retro delle ginocchia che gratta contro il fondo di cemento. I piedi mi stanno diventando blu, le dita delle mani e dei piedi sono tutte raggrinzite per l’immersione prolungata. Ed è proprio a quel punto che mi lascio andare. I grossi sputacchi bianchi cominciano a schizzare. Le perle. Ed è proprio a quel punto che ho bisogno di un pò d’aria. Però, quando cerco di darmi la spinta contro il fondo, non ce la faccio. Non riesco a puntare i piedi sotto di me. Il culo mi è rimasto attaccato. il personale del Pronto Soccorso potrà confermarvi che ogni anno circa 150 persone restano incastrate in questo modo, risucchiate dalla pompa della circolazione. A restare incastrati sono i capelli, o il culo, e finisci annegato. Ogni anno succede a un sacco di gente. Per lo più in Florida. La gente semplicemente non ne parla. Nemmeno i francesi parlano proprio di TUTTO. Tiro su un ginocchio e infilo il piede sotto di me, e sono quasi riuscito a mettermi dritto quando sento qualcosa strattonarmi le chiappe. Insinuo a fatica anche l’altro piede, e mi do la spinta contro il fondo. Riesco a pinnare liberamente, non tocco più il cemento, ma non riesco ad arrivare in superficie. Continuo a dibattermi, dimeno le braccia. Sono grosso modo a metà strada ma non riesco assolutamente a salire più sù. Il battito cardiaco nella testa mi si fa sempre più forte e veloce. Bagliori scintillanti di luce mi attraversano frenetici gli occhi, mi giro e guardo sotto di me. E quello che vedo non ha senso. C’è un grosso cordone, una specie di serpente bianco-azzurognolo solcato da vene, apparentemente sbucato fuori dallo scarico della piscina, che mi trattiene per le chiappe. Alcune di quelle vene perdono sangue, sangue rosso che però sott’acqua sembra nero e fuoriesce da piccole lacerazioni nella pelle bianchiccia del serpente. Il sangue si allontana e scompare nell’acqua, e dentro alla sottile pelle bianca-azzurrognola del serpente sono visibili dei bocconi di un pasto semidigerito. Unica spiegazione sensata: un qualche orribile mostro, un serpente marino, un essere che non ha mai visto la luce del giorno, se ne stava nascosto sul fondale scuro della piscina, in attesa di divorarmi. Così…Comincio a prendere a calci la sua pelle viscida e gommosa, attraversata da vene, e mi sembra che continui a uscire dallo scarico della piscina. Ora è lungo quanto la mia gamba, ma mi è ancora attaccato al buco del culo. Un altro calcio e sono qualche centimetro più vicino a prendere un altro respiro. Sempre con il serpentone appeso al culo, sono un pò più vicino alla fuga. Dentro al serpente sono visibili grumi di mais e di noccioline. Anche una pastiglia oblunga di un arancione vivace. Identica al genere di pillole vitaminiche da cavalli che papà mi fa prendere per aiutarmi a mettere su peso. Per ottenere una borsa di studio per meriti sportivi. Sono addizionate di ferro e di acidi grassi omega tre. E’ la vista del pillolone che mi salva la vita. Perchè quello non è un serpente. E’ il mio intestino crasso, il mio colon che penzola fuori di me. Ho avuto quello che i dottori chiamano un prolasso. Quelle sono le mie budella aspirate dallo scarico. gli infermieri potranno dirvi che la pompa di una piscina aspira 300 litri d’acqua al minuto. Questo significa una pressione di 200 chili. Il problema con la P maiuscola è che noi esseri umani siamo tutti legati insieme. Il culo, in fondo, non è altro che l’estremità opposta della bocca. Se mi lascio andare, la pompa continuerà a funzionare srotolandomi le interiora fino a prendermi la lingua. Immaginate di fare una cagata da 200 kg, e capirete il genere di sottosopra. Quel che posso dirvi è che non si sente più di tanto dolore alle viscere. Non allo stesso modo in cui si sente sulla pelle. La roba in digestione i dottori la chiamano materia fecale. In alto invece c’è il chimo, sacche di una sottile massa schifosa e semiliquida costellata di mais, noccioline e pisellini verdi. Intorno a me fluttua un gran ministrone di sangue, mais, merda, sperma e noccioline. Anche se ho le viscere che mi si stanno srotolando fuori dal culo, e cerco disperatamente di tenermi stretto quello che ne restam anche allora il mio primo desiderio è di trovare il modo di rimettermi il costume. dio non voglia che i miei mi vedano l’uccello. Con una mano perciò mi tengo un pugno stretto attorno al culo, con l’altra afferro il mio costume a righe gialle e me lo sfilo dal collo. Rimetterselo, però, è impossibile. Se avete la curiosità di sentire com’è il vostro intestino, compratevi una scatola di quei preservativi di pelle d’agnello. Tiratene fuori uno e srotolatelo. Riempitelo di burro d’arachidi. Cospargetelo di vaselina e tenetelo sott’acqua. A quel punto provate a strapparlo. Lo troverete resistentissimo e gommoso. E talmente viscido da non riuscire ad afferrarlo. Un preservativo di pelle d’agnello in fondo non è altro che intestino. Ecco, ora avete un’idea di quello con cui ho a che fare. Molli un secondo e sei sbudellato. Nuoti verso la superficie per respirare, e sei sbudellato. Non nuoti e sei affogato. Quello che i miei troveranno, di ritorno dal lavoro, sarà un grosso feto nudo, rannicchiato su se stesso, fluttuante nell’acqua torbida della loro piscina, legato al fondo da uno spesso cordone di vene e di viscere aggrovigliate. […] Altrimenti ecco quello che dovete fare: dovete come torcervi, agganciare un gomito dietro al ginocchio e tirare la gamba il più possibile verso la faccia. Poi cominciate a mordere e dilaniare il vostro stesso culo. Sapete, siete a corto d’aria e quindi disposti a masticare per bene qualsiasi cosa vi faccia arrivare al prossimo respiro. Certo, non è il genere di cosa che ti senti di raccontare a una ragazza al primo appuntamento. Soprattutto se aspiri a un bel bacio della buonanotte. Se vi dicessi che sapore aveva vi garantisco che neanche morti mangeresti più calamari.”
Cavie (Haunted), a 2005 novel by Chuck Palahniuk.